domenica 13 marzo 2016

Sciopero alla rovescia

Da diverse settimane è in corso nelle università italiane una campagna di mobilitazione promossa dal Coordinamento Nazionale Ricercatori e Ricercatrici non Strutturati...
...ma cosa significa essere un ricercatore o una ricercatrice non strutturato/a? ...e chi sono i ricercatori/ricercatrici non strutturati?
A segnalarci il problema ed a spiegarlo in maniera semplice ed esaustiva è una mamma di Torino: Sara Romanó che insieme a sue colleghe e colleghi, impegnati nella mobilitazione, ha scritto il testo che segue.
Rientrano nella definizione di "ricercatore e ricercatrice non strutturati" le tante persone (oltre 60 mila) che ogni giorno lavorano nelle università con contratti precari e a terminecollaborando attivamente affinché le diverse funzioni dell’università(ricerca in primis ma anche didattica e divulgazione/consulenza scientifica) siano mantenute, nonostante le "cosiddette"riforme e tagli degli ultimi 10 anni.
Da oltre un mese i ricercatori e le ricercatrici non strutturati sono in mobilitazione con una iniziativa denominata Sciopero alla Rovescia. La ragione di questo sciopero, meglio la goccia che ha fatto traboccare il vaso, è stata la bocciatura, da parte della Commissione Bilancio della Camera, dell’emendamento per l’estensione dell’indennità di disoccupazione Dis-Coll ai ricercatori non strutturati (che a seconda del contratto più o meno precario vengono a loro volta distinti in assegnisti, borsisti o dottorandi). Con questa decisione il Governo, contrariamente a quanto sancito dalla Carta Europea dei Ricercatori, si è rifiutato di estendere anche alle ricercatrici e ai ricercatori non strutturati il diritto a ricevere l’indennità di disoccupazione prevista per gli altri lavoratori parasubordinati. Secondo il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, infatti, i precari della ricerca, pur versando obbligatoriamente e regolarmente contributi Gestione Separata Inps, hanno con l’Università un rapporto di lavoro caratterizzato da “una forte componente formativa”.
Per rispondere a questa ennesima delegittimazione del lavoro di ricerca, il 2 febbraio è cominciato lo Sciopero alla Rovescia, che mira a rendere visibile il contributo quotidiano dato alla ricerca dai ricercatori e ricercatrici non strutturati e, più in generale, a richiamare l’attenzione sulla estrema precarietà della ricerca universitaria in termini di risorse e prospettive.
Il nome dell'attuale movimento è stato ispirato dal celebre sciopero alla rovescia promosso da Danilo Dolci, che il 2 febbraio di 60 anni fa, fu arrestato mentre guidava un gruppo di braccianti disoccupati impegnati nella sistemazione di una strada abbandonata all’incuria, che erano convinti dell’idea che se un lavoratore, per protestare, si astiene dal lavoro, un disoccupato (o, nel nostro caso dei ricercatori e ricercatrici non strutturali, un soggetto a cui non è riconosciuto lo status di lavoratore) può scioperare, invece, lavorando.
Per richiamare l’attenzione sul contributo che i ricercatori e le ricercatrici non strutturati ogni giorno prestano nelle università nonché sulla condizione di precarietà che vivonoessi vanno a lavorare indossando una maglietta rossa che ritrae due ricercatori con le braccia conserte e che riporta l’hashtag #ricercaprecaria.
Numerosi altri colleghi strutturati (ovvero i ricercatori ed i professori che lavorano con contratti stabili e non precari), studenti, tecnici ed amministrativi delle università hanno scelto di sostenere la nostra iniziativa indossando la stessa maglietta, ma di colore arancione.
L'esclusione dei ricercatori precari dal sussidio di disoccupazione, nonostante il 30% del loro salario sia versato all’INPS, è comunque solo una delle ragioni che li hanno spinti a mobilitarsi.
L'impegno e lo sciopero continueranno per ottenere un cambio di rotta nelle politiche verso l’università e la ricerca, e in particolare per:
un aumento delle risorse pubbliche destinate all’Università, attualmente pari appena allo 0,52% del PIL nazionale ovvero meno della metà di quanto spendono in media i paesi europei;
- lo sblocco del turnover e l’avvio di un piano di assunzioni che possa far fronte al ricambio generazionale e garantire così un rapporto docente-studente in linea con la media europea, anche in vista del pensionamento di 20.000 professori universitari previsto nei prossimi 5 anni;
la semplificazione e il riordino dei contratti per i ricercatori che sono all’inizio della loro carriera lavorativa per arrivare a una figura unica pre-ruolo, mettendo fine così alla precarietà che caratterizza i ricercatori giovani e quelli ormai non più giovani;
- il riconoscimento del valore legale del dottorato per poter introdurre la ricerca nelle pubbliche amministrazioni, nei comuni, nelle scuole: non tutti quelli che concludono con profitto il dottorato di ricerca devono o desiderano continuare a lavorare come ricercatori nelle università, perciò riconoscere le abilità e le competenze sviluppate durante questo percorso di studio-lavoro consentirebbe di iniettare “nuovi e innovativi” saperi, metodi e pratiche nelle pubbliche amministrazioni;
- nuove pratiche valutative che, invece di distribuire patenti discutibili di eccellenza
applicando criteri di valutazione pseudo-scientifici, siano in grado di valorizzare la funzione pubblica dell’università e l’idea stessa che la scienza e i suoi risultati sono prima di tutto un bene comune; da qui la richiesta di nuove pratiche valutative in grado di incentivare la cooperazione e la collaborazione a tutti i livelli (locale, nazionale e internazionale), e la diversificazione degli ambiti e settori di ricerca.

Se condividete il problema e volete sostenerlo, indossate la maglietta di colore arancione con la scritta #ricercaprecaria.
Potete richiedere la maglietta direttamente a Sara Romanó
all'indirizzo email vanitosini2@gmail.com. Il costo della maglietta è di 10€, di cui 7,50€ servono a coprire i costi di stampa e 2,50€ sono usati come fondo cassa per sostenere tutte le iniziative del movimento.

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