Veronica Borghini, 45 anni, mamma di
due magnifici maschietti, rispettivamente di 6 anni e 15 mesi, vive in Belgio
da 14 anni. Abita vicino a Louvain-la-Neuve e lavora a Bruxelles alla
Commissione Europea. Suo marito, Giancarlo, ha 40 anni e anche lui lavora a
Bruxelles come cuoco in un ristorante italiano...
...la famiglia di Veronica è una
famiglia davvero speciale poiché da circa 4 anni è diventata una Famille
d'Accueil d'Urgence...
Per capire cosa significa essere una famiglia di accoglienza di urgenza, che cosa spinge a diventarlo, quali sono le implicazioni che da tale situazione ne derivano e molto altro ancora, abbiamo chiesto a Veronica di rispondere ad alcune domande.
Per capire cosa significa essere una famiglia di accoglienza di urgenza, che cosa spinge a diventarlo, quali sono le implicazioni che da tale situazione ne derivano e molto altro ancora, abbiamo chiesto a Veronica di rispondere ad alcune domande.
Che cosa vuol dire essere una famiglia
d'accoglienza d'urgenza?
Essere una famiglia d’accoglienza
significa accogliere nella propria casa i bambini che sono separati dalle loro
famiglie d’origine. I motivi della separazione sono vari: dai più semplici,
come ad esempio una mamma sola che deve essere ricoverata e che non sa dove
lasciare il figlio, non avendo né parenti né amici a cui affidarlo... a quelli
più complicati, come ad esempio genitori che non si occupano correttamente dei
figli e che i servizi di protezione alla gioventù separano dai genitori.
In urgenza, vuol dire che dal momento
della chiamata e della richiesta di disponibilità da parte del servizio
centrale (l'Accueil Familial d'Urgence, AFU), si deve essere disponibili ad accogliere
il bambino il giorno stesso o comunque nei tre giorni che seguono, per una
durata massima di 45 giorni.
Che cosa vi ha spinto a diventare una
famiglia d'accoglienza?
Mio marito ed io adoriamo i bambini,
e già in Italia avevo avuto esperienze con bambini in difficoltà. Dopo la
nascita del nostro primo bambino, non riuscivamo ad averne altri e ci siamo
chiesti se aiutare bambini in difficoltà ci avrebbe riempito in parte questo
vuoto. Leggendo su internet, ho scoperto che ogni anno molti bambini sono
affidati a una famiglia d’accoglienza anche per brevi periodi. Perciò ci siamo
informati e abbiamo intrapreso quest’avventura, che abbiamo continuato anche
dopo l’arrivo del nostro secondo bambino.
C'è qualcosa che ti spaventa prima di
intraprendere un periodo di accoglienza d'urgenza?
No ...direi che non c'è niente che mi
spaventa prima di intraprendere un periodo d’accoglienza d’urgenza, anche
perché prima di accettare se accogliere il bimbo/i bimbi, il servizio ci
chiama, ci racconta tutto quello che sanno del bambino, da dove viene, perché è
stato separato dalla famiglia, quali problematiche caratteriali,
comportamentali o di salute potrebbe avere e solo in seguito diamo o no la
nostra disponibilità. Perciò siamo in qualche maniera già preparati. L’unica
cosa è che, se entrambi i genitori lavorano (come nel nostro caso), bisogna
avere già una rete di sostegno, come una “gardienne” o una babysitter, perché
in Belgio non ci sono molti posti disponibili negli asilo nido, e per i bambini
più grandi occorre avere dei buoni contatti con i direttori delle scuole vicino
casa.
Il servizio AFU è comunque sempre
molto disponibile, e se ci sono problemi la psicologa e le assistenti sociali
intervengono tempestivamente.
Come hai presentato il processo di
accoglienza ai tuoi figli? Che cosa hanno pensato e come hanno reagito?
Da subito, io e mio marito abbiamo cercato di spiegare a Matteo, nostro figlio più grande, chi sono i bambini che accogliamo in casa e perché vengono a casa
nostra. Per lui sono come degli amichetti che restano con noi per un certo periodo, e
che poi torneranno dalle loro famiglie o andranno in un centro più adatto a
loro.
ll piccolo Edoardo ha già vissuto 2 accoglienze, una
quando aveva solo 5 mesi con un bimbo di 4 mesi, e un'altra con due
bambini di 14 mesi e di 2 anni e mezzo. Devo dire che ha sempre reagito molto
bene ma questo secondo me, dipende molto da come i genitori riescono a gestire il tempo un po’ con tutti, senza sconvolgere troppo la routine dei propri figli.
Che tipo di percorso avete fatto per
diventare famiglia d'accoglienza d'urgenza?
Diventare famiglia di accoglienza
d’urgenza è abbastanza facile: dopo aver preso contatto con l’AFU, si ha un
primo appuntamento con il direttore e la psicologa, dove viene chiesto perché
si vuole diventare famiglia d’accoglienza, ci si presenta e si riempiono alcuni
questionari. Dopo questo primo incontro, se l’AFU ritiene che la famiglia sia adeguata a fare questo tipo
di accoglienza, si fissano diversi incontri, al massimo 5, di cui uno con la
psicologa (ogni genitore separatamente), uno a casa della potenziale famiglia di
accoglienza, e gli altri, di solito, con il direttore e la psicologa. Nell’ultimo
colloquio si firma la convenzione e da quel momento si è famiglia di
accoglienza. Durante i diversi incontri/colloqui si può scegliere l’età dei bambini che si
vogliono accogliere, si può scegliere se accogliere solo femmine o solo maschi
o entrambi, se si accettano tutte le etnie, in quali periodi si vuole accogliere, si può
anche dire che si fa una sola accoglienza all’anno ...insomma, tutto è possibile ...e in ogni caso, quando chiamano per cominciare un’accoglienza si può dire no, motivando questa decisione, anche solo per il fatto che si debba partire in
ferie!
Come
è cambiata la vostra vita, per esempio dal punto di vista delle relazioni familiari,
sociali o dal punto di vista economico?
Essere famiglia d’accoglienza
d’urgenza ci fa sentire emozionalmente più ricchi, perché tutte le volte che
possiamo accogliere dei piccoli esseri indifesi, ci sentiamo d’aiuto,
sentiamo che possiamo contribuire, anche se in piccola parte, a fargli
vivere qualche giorno sereno.
Tante persone ci hanno aiutato
in questi periodi, anche solo dandoci dei vestiti o qualche giocattolo. Spesso, questi bambini arrivano con niente, a parte quello che hanno addosso.
A livello
finanziario, non è cambiato niente. Lo Stato belga da un rimborso giornaliero per i
bambini accolti, che coprono le spese quotidiane, perciò accogliere un bambino non comporta un costo
aggiuntivo.
Al
momento del distacco quali sono le reazioni del minore e il contatto con la
famiglia di origine?
Ogni bambino è diverso, e ha un
vissuto diverso con i genitori d’origine perciò non c’è una risposta unica a
questa domanda. Durante il periodo che sono in accoglienza, se i genitori sono
presenti, hanno il diritto di vedere il loro bambino una volta alla settimana.
È l’assistente sociale che viene a prendere e riporta il bambino perciò non
abbiamo nessun contatto con la famiglia d’origine.
Dopo che i
bambini sono partiti da casa nostra, abbiamo soltanto una volta delle informazioni
su come stanno, e poi non abbiamo più contatti con loro ...di questo bisogna
esserne coscienti.
Veronica conclude la sua intervista con queste parole: "Spero che altre
mamme abbiano voglia di fare quest’esperienza. Ci sono veramente tantissimi
bambini che hanno bisogno di aiuto. Se poi c'è qualcuno che ha voglia di avere un altro pargoletto per casa per il
resto della sua vita, si può diventare famiglia d’accoglienza di lunga durata
(come la Littizzetto in Italia) oppure se si ha meno tempo, si può sempre diventare “parrain” e prendere i bambini nei
fine settimana e per un periodo delle vacanze scolari".
Sul sito dell'Accueil Familial d'Urgence si trovano tutte le informazioni e i contatti per diventare una famiglia di accoglienza.
Sul sito dell'Accueil Familial d'Urgence si trovano tutte le informazioni e i contatti per diventare una famiglia di accoglienza.
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