mercoledì 13 aprile 2016

Se tornassi indietro non farei figli

Parliamo di maternità, maternità tormentate e, soprattutto, pentite. 
Sono 23 le testimonianze raccolte da Orna Donath in un saggio accademico poi diventato un libro «Regretting Motherhood», letteralmente «Pentirsi della maternità» (non ancora disponibile in italiano)...
...23 madri non fanno statistica ma contribuiscono ad affrontare un argomento spinoso e soprattutto un tabù duro a morire, i figli si amano senza se e senza ma. Forse si amano, ma a volte se ne farebbe volentieri a meno.
Orna Donath, 39 anni, è una sociologa israeliana e ricercatrice della Ben Gurion University, childfree (senza figli) per scelta e perseguitata dall'anatema «un giorno te ne pentirai». Non solo non se ne è mai pentita ma ha raccolto le testimonianze di molte madri, molte più delle 23 pubblicate. Donne diverse per estrazione sociale, età, numero di figli, accomunate dallo stesso travolgente disagio mai confessato, fino a ora.
Eppure queste madri amano i propri figli, li amano moltissimo, ma se tornassero indietro no, non li farebbero. Sembra contraddittorio? Forse la maternità lo è, proprio come lo sono molti modi di sentire e provare sentimenti: ambivalenti.
La Donath racconta che in fondo è come dire al proprio partner: «ti amo ma non posso essere la tua compagna» con l’aggravante che dalla maternità non si torna indietro, una volta che si è madri si è madri per sempre...
...e di questo ne parla in modo molto eloquente Tirtza, 57 anni, divorziata, due figli e ora anche dei nipoti. Per lei diventare madre era una sorta di passaggio "naturale" dopo le nozze. «Ogni volta che parlo con i miei amici dico che con il senno di poi non avrei fatto neanche un quarto di un bambino. La cosa più dolorosa per me è che non posso tornare indietro nel tempo. È uno sbaglio a cui è impossibile, impossibile porre rimedio»...
...poi c’è Doreen, 38 anni, divorziata e madre di tre figli. Prima di rimanere incinta non aveva né la necessità, né la volontà di diventare madre, eppure è successo. «Mi piacerebbe molto non avere figli. Nessuno dei tre. Mi fa molto male dirlo, e loro non sentiranno mai queste parole uscire dalla mia bocca. Non capirebbero, nemmeno se avessero cinquant'anni, o forse allora sì, ma non ne sono sicura. Rinuncerei a loro, totalmente. Veramente. Senza battere ciglio. Ed è difficile per me ammetterlo, perché li amo. Molto. Ma mi piacerebbe farne a meno»...
...e ancora Atalya, 45 anni, divorziata, i suoi tre figli adolescenti vivono con il padre. Non si occupa della cura quotidiana dei ragazzi ma essere madre le pesa. «Mi blocca, mi ruba l’anima». Racconta di essere diventata mamma in modo "automatico", senza riflettere sulle conseguenze. Atalya, come molte altre donne del libro, ha capito tardi che la sue vocazione era un’altra. «Se potessi tornare indietro ovviamente non avrei figli. È una certezza».
Sono madri che scardinano uno dei capisaldi della nostra cultura: i figli sono per una donna la gioia più grande della vita. Non è cosi vero per tutte. Secondo la Donath pentirsi di una scelta rappresenta per la nostra società il sentimento umano più terribile. Uno dei proverbi più diffusi in ogni lingua è «non piangere sul latte versato». Viviamo in una società terrorizzata dall'idea che la gente si guardi indietro, ma anche se il tempo corre, nel nostro mondo interiore il passato è fermo. Il tempo umano non è lineare, è una spirale. Ci hanno insegnato a credere che mettere al mondo un figlio proietti nel futuro. Quello che non ci è mai stato detto è che non muta quello che siamo state. William Faulkner diceva: «Il passato non è morto, anzi, il passato non è neppure passato». La maternità non cancella ciò che si è stati, e le donne possono conservare quel ricordo e sentire la mancanza di quell'io precedente, fino a odiare ciò che sono diventate.
Il libro e le polemiche che ne sono conseguite hanno fatto letteralmente il giro del mondo. Ma ricordiamoci che la psicanalista francese Corinne Maier, madre di due figli, ne parlava già nel 2007 con "No kid. Quaranta ragioni per non avere figli", di Bompiani: «Potrei fare il giro del mondo, e sono agli arresti domiciliari, costretta ad alzarmi alle sette per servire a tavola e far ripetere stupidi compiti» e per la quale il desiderio di maternità è «frutto della pressione sociale».

E voi? Cosa ne pensate?

Doula Silvia (doulasilvia@gmail.com)

8 commenti:

  1. Finalmente un articolo su una condizione che ho sotto gli occhi tutti i giorni. Vedo continuamente maternità infelici e mal gestite. Figli subiti. Figli riparatori. Magari anche voluti, si, ma non con la piena consapevolezza della responsabilità e dell'impegno che la loro esistenza avrebbe comportato a vita. E non si torna indietro purtroppo, si scolpisce nella formazione emotiva di un figlio la mancata accettazione e accoglienza gioiosa da parte della madre ed è una falla inarginabile.
    Il figlio avverte che mamma è altrove, impegnata anche solo a desiderare altro, spesso anche a dispetto di un'effettiva presenza.
    Si dice che i figli sono amati tutti allo stesso modo ma non c'è affermazione più tragicamente falsa.
    Pochi genitori al mondo ammetterbbero di stare meglio senza figli perché verrebbero linciati.
    Linciati da chi ha gettato sangue per avere un bambino o da chi non ha mai avuto il privilegio di non poterlo avere, Linciati da chi ha provato il dolore di non essere amato.
    Io non condanno il sentimento di rigetto verso un figlio ma condanno la deflagrante ipocrisia che gira intorno ad esso.
    La presa di coscienza e l'esternazione di emozioni e impulsi (specie se impopolari sono il primo passo verso una forma di liberazione che sembrerebbe non esistere.

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    1. È molto coraggioso quello scrivi, lucido e consapevole. Abbiamo bisogno di parlarne, grazie.

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  5. Grazie Manu per il tuo commento, è importante parlare di argomenti "tabù" in maniera pacifica e educata

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